di Mauro Rossinelli
Novembre 2022
Prendo spunto dalla recente ordinanza della Corte di Cassazione del 18 ottobre u.s. , la n. 30664, per affrontare la questione della “antieconomicità” e dei suoi profili accertativi, tornando sull’argomento dell’inversione dell’onere probatorio.
Il Caso
Un esercente l’attività di trasporto a mezzo taxi, impugnava, con due distinti ricorsi, dinanzi la C.t.p. di Milano, due avvisi di accertamento relativi, rispettivamente, agli anni d’imposta 2007 e 2008, con i quali l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione maggiori imponibili con conseguente addebito di maggiori imposte sia per l’anno 2007, siaper l’anno 2008, oltre sanzioni e interessi. L’accertamento induttivo traeva spunto dall’anomalo rapporto tra i chilometri percorsi desunti in fase di accertamento dalle schede carburanti e il reddito dichiarato dal taxista. Il contribuente aveva anche presentato istanza di accertamento con adesione ma aveva ritenuto di non accettare la proposta fatta dall’ufficio che proponeva un abbattimento dei chilometri desunti in fase di accertamento; la medesima proposta, con l’abbattimento delle sanzioni al 40%, veniva rifiutata anche nella fase di mediazione.
La C.t.p. adita accoglieva i ricorsi del contribuente così annullando gli avvisi di accertamento.
Contro tale decisione proponeva appello l’Agenzia dinanzi la C.t.r., ove si costituiva anche il contribuente; tale Commissione, accoglieva parzialmente l’appello, riducendo i ricavi determinati dall’Agenzia.
Avverso tale sentenza, il contribuente proponeva ricorso per cassazione affidandolo a sei motivi.
Con il primo, il contribuente lamentava il vizio di motivazione nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto corretto l’accertamento perché sussistenti i presupposti di cui all’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 per il ricorso all’accertamento induttivo.
Con il secondo il contribuente lamentava la medesima doglianza declinata nel primo motivo sotto il profilo dell’error in iudicando ( errore commesso dal giudice nel compiere il ragionamento logico).
Con il terzo il contribuente lamentava l’error in procedendo (errori nella osservanza delle norme giuridiche che regolano lo svolgimento del processo) nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., pur ritenendo idonea le circostanze dedotte dal contribuente ad inficiare la determinazione sintetica dei redditi accertati, non esplicita quali siano i parametri in ragione dei quali sia stata opportuna una riduzione dei maggiori ricavi accertati dall’ufficio finanziario.
Con il quarto il contribuente lamentava la medesima doglianza declinata nel terzo motivo sotto il profilo anche dell’onere della prova.
Con il quinto motivo il contribuente lamentava il vizio di motivazione nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha valutato le circostanze fattuali a riprova dell’assenza di gravità, precisione e concordanza delle presunzioni utilizzate dall’ufficio e della congruità dei redditi dichiarati dal contribuente.
Con il sesto motivo di ricorso, il contribuente lamenta la medesima doglianza declinata nel quinto motivo sotto il profilo anche dell’error in iudicando.
In altri termini, veniva chiesto di effettuare un nuovo esame sul merito della controversa e di approdare ad una valutazione degli elementi di prova difforme da quella fatta propria dal collegio di seconda istanza, la cui decisione dà contezza di come è stato ritenuto legittimo l’accertamento induttivo Agenzia delle Entrate – e di conseguenza la maggiore capacità contributiva del contribuente, – sulla base della discordanza tra i chilometri percorsi indicati nello studio di settore presentato e quelli rilevabili con le schede carburante; il tutto alla luce della obiettiva antieconomicità dell’attività in concreto svolta.
La Corte ha rilevato, in punto di diritto, che in tema di accertamento induttivo dei redditi d’impresa di cui all’art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato, specificando gli indici di inattendibilità dei dati contabili e dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, l’atto di rettifica è assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatori, nel senso che null’altro l’ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte, mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate, anche in relazione alla contestata antieconomicità delle stesse (Cass. 31/10/2018, n. 27804).
La Corte ha ancora rilevato che, secondo la giurisprudenza, l’amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi dell’ art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 (e dell’ art. 54, commi 2 e 3, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in tema di IVA), sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni. Gli elementi assunti a fonte di presunzione, peraltro, non devono essere necessariamente plurimi, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su di un elemento unico, purché preciso e grave, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata (Cass. 30/10/2018, n. 27552).
In conclusione
Pertanto, una volta contestata dall’Erario l’antieconomicità di un comportamento del contribuente, poiché assolutamente contrario ai canoni dell’economia, incombe, sul contribuente l’onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, essendo – in difetto – pienamente legittimo il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’amministrazione, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973.